Fano (PU) – La vita non è stata magnanima con lui, ma lui ha saputo rimboccarsi le maniche e ieri a Roma si è preso la sua rivincita. Matteo Vitali, 36enne fanese, è campione del mondo di calcio a 5. A consacrarlo tra i pochi eletti che possono vantarsi di questo titolo è stata la Dream World Cup 2018 (patrocinio del Coni e della FIGC in collaborazione con la LND – Divisione Calcio a 5), competizione riservata a ragazzi provenienti da percorsi di fragilità psichica e mentale che hanno trovato nello sport la loro ancora di salvezza. Matteo dal 2013 si allena con continuità tre volte alla settimana con i suoi compagni di squadra dell’Apsd Sport Benessere e Salute Mentale, nata a Fano nel 2013 e coordinata dall’ideatore Umberto Battista, coadiuvato dai cofondatori Andrea Farnese ed Enrico Ridolfi, esperti nel campo della fisiologia umana applicata alla prestazione fisica.
Matteo ha superato la concorrenza di tantissimi colleghi ed è stato protagonista della spedizione capitolina che per la nazionale italiana è stata una vera e propria cavalcata. Sette vittorie in altrettanti incontri al PalaTiziano di Roma e finalissima che ha visto gli azzurri superare nettamente il Cile per 17-4 sotto gli occhi di mostri sacri del calcio nazionale e mondiale come Marco Tardelli e Siniša Mihajlović. Con il supporto psicologico del dipartimento di salute mentale di Fano ed in particolare attraverso la pratica dell’attività fisica, Matteo da anni non subisce più un ricovero e grazie all’allenamento ha perso quasi 50 chili raggiungendo il suo peso forma e una prestanza fisica che gli ha permesso prima di essere convocato nella rappresentativa azzurra e, ieri, di alzare al cielo la coppa del mondo.
A portare fortuna a Matteo e al suo team anche il sindaco Massimo Seri che prima della finale, trovandosi a Roma per impegni istituzionali, ha portato il proprio saluto al portiere che nella spedizione romana ha avuto sempre al suo fianco lo staff dell’Apsd Sport Benessere e Salute Mentale il cui slogan è “Non chi comincia, ma quel che persevera”, e mai come in questo caso “perseverare” è stata una scelta giusta.