
DIRE – Netanyahu: “Obiettivo non è occupare Gaza, ma liberarla da Hamas”
- 11 Agosto 2025
Roma – “Il nostro obiettivo non è occupare Gaza, è liberarla da Hamas”: il premier israeliano Benyamin Netanyahu apre con queste parole la conferenza stampa convocata oggi per i media stranieri con lo scopo di illustrare a tutto il mondo l’ultimo, discusso piano approvato dal Gabinetto di sicurezza giovedì scorso, contro cui si è sollevata la comunità internazionale. Il premier vuole invece convincere il mondo delle ragioni del governo israeliano: per questo ha illustrato in dettaglio il piano militare per porre sotto controllo Gaza City che rappresenta, a suo dire, “il modo migliore e più rapido per porre fine alla guerra”.
“FINE DELLA GUERRA SUBITO SE HAMAS DEPONE LE ARMI E LIBERA GLI OSTAGGI”
“La guerra può finire domani se Hamas depone le armi e libera tutti gli ostaggi rimasti”, ha quindi affermato Netanyahu, sottolineando subito dopo come non siano questi gli intenti del movimento terrorista. Diversamente, gli obiettivi ‘del giorno dopo’ dell’operazione israeliana su Gaza porteranno alla sua smilitarizzazione, spiega, a debellarla da Hamas, mentre Tel Aviv manterrà la “responsabilità della sicurezza”, e a Gaza verrà istituita una “amministrazione civile non israeliana”.
“L’IDF SMANTELLERÀ LE DUE ROCCAFORTI RIMASTE AD HAMAS”
Ovviamente, il Primo Ministro Netanyahu difende la decisione approvata nei giorni scorsi di fronte alla platea di giornalisti stranieri a Gerusalemme. “Abbiamo circa il 70-75% della Striscia di Gaza sotto controllo militare israeliano- spiega- Ma restano due roccaforti (di Hamas): Gaza City e i campi centrali della Mawasi (Ndr: zona umanitaria)”. Alle forze militari israeliane quindi, secondo il nuovo piano, “è stato ordinato di smantellare le due roccaforti di Hamas rimanenti”, prosegue il Premier, indicandole in una mappa predisposta alle sue spalle.
LA POPOLAZIONE TRASFERITA “IN ZONE SICURE”
Ma il piano prevede anche una forma di tutela per la cittadinanza, puntualizza Netanyahu: Israele infatti darà inizio al piano “permettendo innanzitutto alla popolazione civile di lasciare in sicurezza le zone di combattimento verso zone sicure designate. E in queste zone sicure, riceveranno cibo, acqua e assistenza medica in abbondanza”.
“CRISI UMANITARIA? ISRAELE NON L’HA CREATA, LE RESPONSABILITÀ DI HAMAS E ONU”
E per rispondere alle accuse mosse nei confronti di Israele sugli aspetti umanitari della sua offensiva, Netanyahu precisa: “La nostra politica, durante tutta la guerra, è stata quella di prevenire una crisi umanitaria, mentre la politica di Hamas è stata quella di crearla”. Il premier ribalta così la “lettura” data dai media internazionali sul ‘blocco’ agli aiuti umanitari per gli abitanti di Gaza: “Israele ha consentito l’ingresso di aiuti sufficienti durante la guerra- sostiene il leader israeliano- mentre Hamas ha interrotto il flusso di aiuti e le Nazioni Unite non sono riuscite a distribuirli correttamente”. Dall’inizio della guerra, “Israele- prosegue- ha fatto entrare quasi 2 milioni di tonnellate di aiuti, se avessimo adottato una politica di carestia, nessuno a Gaza sarebbe sopravvissuto dopo due anni di guerra. Ma la nostra politica è stata esattamente l’opposto”, chiosa.
Le responsabilità del mancato arrivo degli aiuti alla popolazione sono quindi distribuite su Hamas e sull’Onu: i terroristi di Hamas hanno infatti “saccheggiato violentemente i camion degli aiuti”, creando deliberatamente carenze nelle distribuzioni. Non solo: “L’Onu non era disposta a consegnare tutto- va avanti il premier- e allora tonnellate e tonnellate di aiuti umanitari sono rimasti a marcire fuori dal confine di Gaza”. Al contrario, “Israele sta realizzando corridoi sicuri per la distribuzione degli aiuti, potenziando i punti di distribuzione sicuri gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation e i lanci aerei di Israele e di altri”, assicura. “Il risultato è stato un’ondata di aiuti umanitari- chiarisce-e centinaia di camion sono arrivati negli ultimi giorni”.
I TEMPI PER ‘LIBERARE’ GAZA CITY: “6-8 GIORNI”
Alla richiesta di fornire una tempistica per il nuovo piano, Netanyahu risponde: “La tempistica che abbiamo fissato per l’azione è piuttosto rapida”. “Vogliamo, prima di tutto, consentire l’istituzione di zone sicure e l’arrivo di attrezzature- spiega- in modo che la popolazione civile di Gaza City possa andarsene”. Si parla di 6-8 giorni di tempo, aggiunge, riprendendo il caso della presa di Rafah da parte dell’Idf. “Non voglio parlare di tempistiche precise- ha comunque aggiunto- ma stiamo parlando di tempi piuttosto brevi perché vogliamo porre fine alla guerra”.
IN CORSO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA ONU: “PERICOLOSA ESCALATION”
La conferenza stampa del Premier israeliano ha anticipato di poco la riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu convocata proprio per discutere del destino di Gaza. “L’ultima decisione del governo israeliano rischia di innescare un altro orribile capitolo di questo conflitto. Questa è l’ennesima pericolosa escalation del conflitto”: a dirlo Miroslav Jenča, Segretario generale aggiunto dell’Onu per l’Europa, l’Asia centrale e le Americhe, durante la riunione del Consiglio di Sicurezza. “Le Nazioni Unite sono state inequivocabili: l’unico modo per porre fine all’immensa sofferenza umana a Gaza è un cessate il fuoco completo, immediato e permanente – ha aggiunto -. Non esiste una soluzione militare al conflitto armato a Gaza o al più ampio conflitto israelo-palestinese».