Roma – “I safari della morte” o i “cecchini del weekend”: così titolano i giornali, italiani e bosniaci, sull’inchiesta aperta dalla Procura di Milano su presunti crimini avvenuti oltre trent’anni fa nell’ambito della guerra in Bosnia degli anni Novanta. Tutto è partito da un’inchiesta del giornalista Ezio Gavazzeni, secondo il quale durante l’assedio di Sarajevo – dal 1992 al 1996 – cittadini italiani avrebbero pagato tra gli 80mila e i 100mila euro per poter sparare contro i civili indifesi grazie ad intermediari che offrivano tale “servizio” sfruttando il caos del conflitto. La procura ha aperto ora un’inchiesta contro ignoti per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. Trattandosi di presunti crimini di guerra, tali reali non andranno in prescrizione. Il giornalista, che ha presentato esposto in Procura, si è basato anche sulle testimonianze dell’allora sindaco di Sarajevo, Benjamina Karic, che ha parlato di “ricchi stranieri innamorati di imprese disumane” che, come ricorda l’emittente Ntv.ba, aveva chiesto l’apertura di un’indagine nel 2022 mai avviata dalla magistratura serba. Già un articolo del Corriere della Sera nel 1995 descriveva il fenomeno, mentre nel 2022 è uscito il documentario “Sarajevo safari” del regista Miran Zupanic, co-prodotto da Aljazeera Balkans, secondo cui durante il conflitto di quegli anni “solo pochi eletti erano a conoscenza del fatto che l’assedio di Sarajevo coinvolgesse non solo l’esercito serbo-bosniaco, volontari e mercenari, ma anche un altro piccolo gruppo clandestino. Si trattava di ricchi stranieri che pagavano cifre elevate per avere la possibilità di sparare contro gli abitanti della Sarajevo assediata”.
La pellicola contiene anche le testimonianze di un ex agente, rimasto anonimo, che racconta di aver visto una persona prendere di mira un bambino nelle braccia della madre. Secondo i testimoni, i bambini infatti sarebbero “costati di più”. Tale pratica, stando all’esposto depositato ora in procura, avrebbe interessato persone provenienti da Milano, Torino e Venezia che, una volta arrivate a Trieste, si sarebbero appostate tra le colline della capitale della Bosnia ed Herzegovina, dove passava la linea del fronte. Nel testo si citano anche possibili contatti tra l’intelligence bosniaca ed italiana. In particolare, si parla di un’informativa trasmessa agli 007 italiani nel 1993 secondo cui “Sulle colline sopra Sarajevo, italiani da Trieste sono venuti a sparare ai civili”. L’esposto conterrebbe anche il racconto di un ex ufficiale dell’esercito bosniaco a cui un volontario serbo appena catturato avrebbe raccontato di aver accompagnato un gruppo di turisti stranieri “tra cui tre italiani” presso una postazione dei cecchini vicino Grbavica. Al quotidiano La Repubblica, che per primo ha dato la notizia, Gavazzeni ha detto: “Questa vicenda scoperchia una parte della società che nasconde la sua verità sotto al tappeto”, e ha aggiunto: “ho raccolto le prove per denunciare l’indifferenza del male”.