

Roma – I dazi di Donald Trump sono “una manovra per far delocalizzare le nostre imprese migliori negli Stati Uniti”, una minaccia da scongiurare nel modo più assoluto e contro cui l’Europa deve fare fronte comune: a dirlo è Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, intervenendo al convegno ‘Nuclearefuturo – Una energia sostenibile per lo sviluppo del mix energetico nazionale’, in corso alla Camera.
Rispetto ai dazi minacciati dal presidente degli Stati uniti Donald J. Trump “non credo assolutamente” si possano fare trattative a livello Paese ma solo come Unione europea. Ciò detto, “alcuni settori non avranno problemi, altri avranno difficoltà. Alcuni settori saranno colpiti ma questa operazione è per delocalizzare le nostre migliori imprese negli Stati uniti”, avverte il numero uno di Confindustria .
“L’Europa dovrebbe fare qualcosa per trattenere le nostre migliori aziende”, esorta Orsini. Il rischio è importante, perché “ogni 300 aziende che delocalizzano in Usa si portano dietro 100 aziende della filiera con 102mila persone”, avverte. “L’Europa deve intervenire in maniera forte e difendere l’industria europea”, chiede insistendo il presidente Confindustria.
“Un livello di dazi accettabile? Zero”, perché “il cambio dollaro/euro è già un dazio”, con la svalutazione del biglietto verde. Emanuele Orsini, presidente Confindustria, lo dice intervenendo al convegno ‘Nuclearefuturo – Una energia sostenibile per lo sviluppo del mix energetico nazionale’, in corso alla Camera.
Rispetto ai dazi minacciati dal presidente degli Stati uniti Donald J. Trump “per ogni punto paghiamo 874 milioni in più, poi ci metti anche il cambio del dollaro”, segnala Orsini, “se restiamo fermi alla lettera ricevuta abbiamo il 30% dei dazi, piu’ il costo del cambio che pesa una media del 13%, quindi se metto il 13% del costo del cambio più il 30% dei dazi va al 43%“.
E non finisce qui: “se nostre proiezioni purtroppo dicono che la svalutazione dollaro/euro sarà ancor più importante”, avverte il presidente di Confindustria, “perché quando si tratterà del bilancio degli Stati Uniti, che vedrà incrementare l’inflazione per le scelte compiute, e crediamo che si possa arrivare a marzo a un meno 20% di svalutazione, se facciamo 20 piò 30%”, che sono i dazi minacciati, “fa il 50%, a quel punto qualsiasi numero che si aggiunge per noi è fuori controllo”.
Quindi, “non si può parlare solo di dazi ma si deve capire a livello Ue come calmierare il crollo del valore del dollaro e i dazi”, chiede Orsini, “perché se fosse davvero il 30% abbiamo un impatto di 37,5 miliardi di questo Paese, se fosse il 20%, sarebbe di 27,6 miliardi, se fosse 15% 22,6 miliardi, se fosse il 10% sarebbero 17,6 miliardi” e “più grande il dazio e più la svalutazione sarà sempre più alta“.