

Roma – Vietate tutte le importazioni ed esportazioni di armi da e verso Israele, nonché il transito di armi dirette attraverso il suo territorio. È quanto ha stabilito ieri la Slovenia, che diventa così, il primo paese Ue a vietare la vendita di armi al governo di Tel Aviv. La decisione, promossa dal primo ministro Robert Golob, punta a vietare l’esportazione, l’importazione e il transito di armi e attrezzature militari tra Slovenia e Israele.
“Questa decisione attua i ripetuti impegni del Primo Ministro Robert Golob, assunti di recente durante il vertice del Consiglio europeo di giugno”, si legge nella nota del governo sloveno. “Ha chiarito che se l’UE non avesse adottato misure concrete entro metà luglio, la Slovenia avrebbe agito in modo indipendente”. Il governo sloveno, ha sottolineato che le divisioni interne e la mancanza di unità presenti nell’Ue, hanno impedito di rispondere efficacemente alla crisi umanitaria a Gaza. “Le persone a Gaza stanno morendo perché gli aiuti umanitari vengono sistematicamente bloccati. Stanno morendo sotto le macerie, senza accesso ad acqua pulita, cibo o assistenza sanitaria di base”, prosegue la dichiarazione. “Questa è una totale negazione dell’assistenza umanitaria e un’ostruzione deliberata delle condizioni minime di sopravvivenza. In tali circostanze, è dovere di ogni Stato responsabile agire, anche se ciò significa fare da apripista”.
Il governo sloveno ha anche definito le azioni di Israele “gravi violazioni del diritto internazionale umanitario”, annunciando per le prossime settimane nuove misure nei confronti di Tel Aviv. Il Ministero degli Affari Esteri inoltre, ha convocato l’ambasciatrice israeliana a Lubiana, Ruth Cohen-Dar, per protestare formalmente contro il peggioramento della catastrofe umanitaria a Gaza.
Da tempo una serie di Paesi europei chiede che siano imposte sanzioni sullo stato di Israele e i membri del suo governo e l’embargo sulle armi, incontrando un fermo no a partire da Germania e Italia. Ci aveva provato anche l’ex Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, proponendo ad agosto dell’anno scorso di sanzionare i ministri per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, e delle Finanze Bezalel Smotrich. A giugno, l’attuale Alta rappresentante, Kaja Kallas, ha proposto un pacchetto di dieci possibili misure di risposta all’azione israeliana, che tuttavia non è stato approvato, essendo necessaria l’unanimità. Respinta anche la proposta di sospendere l’Accordo di Associazione Ue-Israele. Così, alcuni Paesi stanno procedendo in autonomia: l’Irlanda ha vietato l’import-export di prodotti dalla Cisgiordania occupata, la Spagna ha rescisso un contratto militare da 285 milioni con Israele per l’acquisto di armamenti e licenze per la produzione, mentre in settimana l’Olanda ha vietato l’ingresso nel Paese dei ministri Ben-Gvir e Smotrich per “ripetuto incitamento alla violenza dei coloni contro la popolazione palestinese” e discorsi in cui hanno “invocato la pulizia etnica nella Striscia di Gaza”. Ancora Olanda, Slovenia, Spagna, Irlanda e poi Belgio e Lituania si sono detti pronti ad eseguire i mandati d’arresto a carico del primo ministro Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, emessi dalla Corte penale internazionale per presunti crimini di guerra e contro l’umanità a Gaza. Due giorni fa infine, la magistratura belga ha deferito alla Corte penale una denuncia legale per crimini di guerra a carico di due soldati israeliani, presentata da due organizzazioni legali non governative. La polizia aveva aperto un’indagine sui dui soldati, che sono poi stati fermati e interrogati una volta entrati nel Paese per una vacanza, e poi rilasciati.