

Roma – Li ha scritti in prima persona, a distanza di tre settimane l’uno dall’altro e sigillati in una busta. Giorgio Armani, scomparso lo scorso 4 settembre, ha affidato a due testamenti il destino del suo patrimonio, stimato in 11-13 miliardi di euro tra proprietà immobiliari e società di moda omonima. I documenti a cui lo stilista piacentino ha affidato le sue ultime volontà sono di quest’anno- il primo risale al 15 marzo scorso, il secondo al 5 aprile- e le buste sono state aperte pochi giorni fa, il 9 settembre, dal notaio Elena Terrenghi.
Destinatari dei suoi beni sono i familiari e i collaboratori più stretti. Armani infatti non aveva figli ed eredi diretti, la sua eredità l’ha distribuita senza gli obblighi delle ‘quote di legittima’. Gli eredi-familiari sono la sorella Rosanna e i tre nipoti, Andrea Camerana, Silvana e Roberta Armani. Tra i collaboratori invece figura il manager storico dello stilista, Leo Dell’Orco, suo braccio destro professionale da 45 anni e compagno di vita negli ultimi 30 anni.
Sul destino della casa di moda, Armani aveva già espresso delle raccomandazioni: garantire continuità nello stile e nei messaggi delle creazioni, mantenere in Italia la sede dell’azienda e non promuovere la quotazione in Borsa per almeno il prossimo quinquennio. Le indiscrezioni riportate dalla stampa inoltre indicano che la gestione e governance della Giorgio Armani Spa potrebbe essere affidata alla Fondazione creata dalla stilista.