Roma – L’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato arrestato all’alba di sabato dalla Polizia Federale, che lo ha prelevato dalla sua abitazione di Brasilia poco dopo le 6 del mattino. Bolsonaro si trovava agli arresti domiciliari dal 4 agosto, in seguito alla condanna a 27 anni e sei mesi di reclusione per il tentato golpe e una serie di reati connessi. Bolsonaro è stato trasferito nel quartier generale della Polizia Federale. L’ordine di arresto è stato firmato dal giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes, che ha disposto la detenzione preventiva “senza uso di manette e senza esposizione al pubblico”, ritenendo necessario evitare rischi per l’ordine pubblico. A far precipitare la situazione sarebbe stata la decisione del figlio dell’ex presidente, il senatore Flavio Bolsonaro, di convocare una mobilitazione dei sostenitori per la serata di sabato. Il giorno precedente, i legali di Bolsonaro avevano presentato alla Corte Suprema una richiesta per permettergli di scontare la pena ai domiciliari, citando l’età (70 anni) e condizioni di salute critiche.
Bolsonaro, spesso definito il “Trump dei Tropici”, è stato condannato a fine settembre dalla Corte Suprema per una serie di reati gravissimi: tentato colpo di Stato, criminalità organizzata, abolizione violenta dello Stato di diritto, danneggiamento aggravato e deterioramento del patrimonio storico. Nello stesso processo sono stati giudicati colpevoli anche sette suoi collaboratori.
Il Brasile, uscito solo quarant’anni fa dalla lunga dittatura militare, non aveva mai portato a processo un ex presidente per un’accusa di golpe. De Moraes ha paragonato Bolsonaro a un capomafia e ha dichiarato che “non c’è alcun dubbio” sulla sua responsabilità: l’ex presidente avrebbe guidato la cospirazione già prima di perdere le presidenziali del 2022 contro Luiz Inácio Lula da Silva, arrivando, secondo l’accusa, a pianificare l’omicidio di Lula, del vicepresidente e dello stesso de Moraes. Il piano sarebbe culminato nell’assalto dell’8 gennaio 2023 ai palazzi istituzionali di Brasilia, sette giorni dopo l’insediamento di Lula.
I legali di Bolsonaro hanno presentato appello, mentre i suoi alleati in Parlamento lavorano per far approvare una amnistia. Una pressione alla quale si aggiungono, secondo fonti politiche brasiliane, anche spinte dagli Stati Uniti.
Donald Trump ha definito la sentenza “una caccia alle streghe” e ha inizialmente colpito il Brasile con dazi record del 50%, annunciando sanzioni contro de Moraes e altri giudici. “È quello che hanno cercato di fare con me”, ha sostenuto. Eppure, negli ultimi mesi Trump e Lula si sono incontrati due volte, parlando di una “buona chimica”. Recentemente Washington ha revocato alcuni dei dazi sui prodotti brasiliani.
In un’intervista al Corriere della Sera, Lula ha escluso categoricamente la possibilità di concedere la grazia al suo predecessore: “Nessuno può deviare una corte di giudici dal suo compito. C’è stato un tentativo di colpo di Stato in Brasile e un piano per assassinare me, il vicepresidente e un giudice della Corte Suprema.
Per la prima volta in 525 anni di storia, un ex capo di Stato è stato condannato per un’azione golpista.
Questo servirà da esempio affinché nessuno osi più attentare contro lo Stato democratico di diritto”.