
L’arretramento del San Michele nel 1937
- 15 Aprile 2015
Fano (PU) – Nel 1937 a Fano, per il Bimillenario di Augusto, venne restaurato l’Arco e fu arretrata, liberando così il fornice destro, l’attigua chiesetta di San Michele. Così, ricordando alcune polemiche che l’avevano accompagnato e proposte “buone” o “cattive” che non erano state accolte, venne ricordato con aulica prosa quell’intervento: “A studi dotti, amorevoli e sereni, come ad appassionate polemiche, ha dato occasione in tempi remoti e vicini il nostro Arco d’Augusto, testimone mirabile della civiltà di Roma, che a Fano ha lasciato impronte cospicue negli edifici, nelle mura, nelle colonne, nei simulacri degli imperatori e degli dei. Nel fervore d’opere, che precede e prepara la Mostra Augustea, Fano non solo ha inviato a Roma due plastici del suo Arco, ma l’ha migliorato con importanti lavori di sistemazione urbanistica e di valorizzazione estetica, munificamente finanziati dal Duce. Anche tali lavori hanno provocato interessanti dibattiti, in cui, purtroppo, si son ripetute biasimevoli opinioni, qualche volta per presuntuosa mania critica, quasi sempre per amore del proprio campanile, lodevole in sé, ma dannoso, allorquando, non sorretto e disciplinato da una dose necessaria di competenza storica e di sensibilità poetica, investe scompostamente il campo dell’arte in generale e in particolare quello, delicatissimo, della tecnica e dell’estetica del restauro. E noi siamo lieti del tempestivo intervento del Consiglio Superiore delle Belle Arti, che ha fatto giustizia sommaria delle superficiali aspirazioni ad un ripristino integrale, con l’attico, le torri, le modinature ricostruite con marmi finti e nuovi, forse patinati all’antica, per ingannare gli ignari della grossolana mistificazione. A riprova dell’ attenzione e della preoccupazione, con cui le competenti autorità hanno seguito e seguono il nostro Arco, sta il fatto che a risolvere il delicato problema del restauro è stato chiamato il Prof. Amedeo Maiuri, una delle maggiori personalità del mondo archeologico. Sicché noi dobbiamo accettare di buon animo il responso di lui, certi che la decisione è la migliore di quante potevano essere adottate, anche se avremmo desiderato, con l’abbassamento in corso di esecuzione del piano stradale sino al limite antico, per restituire all’insigne opera romana l’originaria statura, l’intangibilità, anziché l’arretramento, della chiesa di S. Michele ed insieme il restauro della medioevale Porta Maggiore, che, pur menomata dal tempo e dagli uomini, ruderizzata dal terremoto, è sempre un’ottima quinta per una visione panoramica dell’Arco ed un prezioso documento della nostra storia coi Malatesta e coi Papi. Ciò avremmo sopratutto desiderato, forse in un eccesso personale di scrupolo e di rispetto, per il fascino poetico del colore d’ambiente e per la convinzione nostra irriducibile che al di sopra del calcolo freddo del puritanesimo stilistico debba esser posta l’intuizione lirica dell’ignoto artista (sia esso Matteo Nuti, Ambrogio Barocci o Bernardino di Pietro da Carona), che a Fano, se pur per una discutibilissima autorizzazione, data nel 1494 dal Comune alla Schola di San Michele, di occupare parte del prospetto dell’Arco, sino a coprire oltre la metà del fornice destro, ha saputo sposare la maschia e robusta semplicità del monumento augusteo con una nota gentile della Rinascenza, come ha composto a Perugia la poderosa ferrigna mole della Porta Etrusca con le linee delicate di una loggia quattrocentesca, come in tanti altri luoghi ancora di questa nostra Italia felice ha generato quel suggestivo carattere intimo della vecchia edilizia, che ad ogni angolo imprime un aspetto individuale, con un ricordo figurativo, quasi impressionistico. Alla faciloneria presuntuosa di chi vagheggiava il semi isola mento o addirittura la ricostruzione dell’Arco, col sacrificio estremo della chiesa di S. Michele e della Porta Maggiore, può osservarsi col Prof. Sen. Gustavo Giovannoni, Accademico d’Italia, quanto sia pericoloso e spesso disastroso il concetto volgare dell’isolamento, il quale, allo scopo di valorizzare i monumenti, ne altera l’ambiente e ne muta le condizioni di apprezzamento con goffe falsificazioni; deve obiettarsi come ognuno che sia dotato di sensibilità estetica, di spirito critico, di competenza artistica, ognuno che intenda l’arcana e meravigliosa poesia di un rudere onusto di memorie, consideri un errore e spesso un delitto contraffare e violare i segni illustri e venerandi del passato con gli innesti nuovi di un’ antichità apocrifa. Si abbellisca, piuttosto, si “arredi”, si dia nobiltà e carattere alla zona dell’Arco, disponendo tra le piante e i fiori del giardino attiguo alcuni degli elementi superstiti delle demolizioni o riesumati negli scavi, ora malinconicamente raccolti nel museo lapidario sotto il portico del Palazzo Malatestiano; si restituisca a questi frammenti la provvida funzione d’ornarnentum urbis. L’austera statua bronzea d’Augusto, donata dalla benevolenza del Capo (ndr. Mussolini) alla nostra Fano, avrà così una degna corona e dominerà un complesso insigne di monumenti e di memorie, sullo sbocco al mare della più famosa strada consolare romana”.