
Un fanese alla corte di Mark Zuckerberg, l’inventore di Facebook
- 20 Giugno 2016
Fano (PU) – Non capita tutti i giorni di incontrare, colui che ha inventato Facebook. Ancor meno potergli parlare di una propria idea. Arturo Busca, fanese che da anni lavora e vive in Florida, ha avuto questa doppia opportunità. Anzi, sarebbe meglio dire che è stato proprio Facebook a dargliela.
Arturo, ci puoi raccontare come è accaduto il tutto?
“Per diversi giorni con amici principalmente fanesi si è discusso sulla opportunità o meno di pubblicare la foto del piccolo bambino siriano trovato morto annegato in una spiaggia turca. Ovviamente non esiste una risposta esatta alla domanda se è opportune o meno pubblicare la foto di quel bambino, e ognuno ha validi motivi per pubblicarla o meno. Per come funziona Facebook, quando qualcuno pubblica una foto, tutti gli amici sono obbligati a vederla.
Ho quindi pensato di suggerire a Mark Zuckerberg, che aveva chiesto consigli e idee ai suoi 60 milioni di ‘followers’, che Facebook dovrebbe implementare un’opzione per cui chi carica una foto che sa di poter urtare la sensibilità dei propri amici, la può schermare, per cui un amico se la vuole vedere, deve cliccarci sopra. In questo modo, se ci sono foto come quelle del bambino siriano, si può proteggere chi non ha interesse a vedere la foto. Il giorno seguente, noto un messaggio private su FB, di una persona che mi dice di lavorare per Facebook e di aver apprezzato il suggerimento al punto di consigliarmi di parlarne direttamente con Mark Zuckerberg. Mia moglie, vedendo il messaggio, mi dice subito che è una truffa. Ed anche io ho pensato la stessa cosa. Ma andando su Linkedin, notai come la persona che mi scrisse fosse un executive di Facebook; se fosse stata una truffa, sarebbe stata molto sofisticata. Comunque la persona mi ha dato il suo numero di telefono e così nel pomeriggio ci siamo sentiti, abbiamo parlato alcuni minuti, poi mi ha messo in contatto con la sua segretaria per prenotarmi il volo e l’hotel per andare ad incontrare Mark nel famoso indirizzo di 1 Haker Way, Menlo Park, California. E così sono andato a San Francisco a incontrare Zuckerberg”.
Che persona è dal vivo?
“Devo dire che per essere una delle personalità più influenti del pianeta, sembra davvero di parlare con una persona normalissima. Sarà forse il look con la solita maglietta grigia ed i jeans, ma non di certo sembra il classico miliardario.
Gli ho ripetuto il mio suggerimento e Mark si è mostrato molto interessato. Conosceva la situazione della foto del piccolo siriano e lui era a favore della sua pubblicazione. Mi ha anche detto che Facebook sta lavorando ad un software per ‘face recognition’ e cioè che in futuro non sarà colui che carica la foto a decidere se è opportuno o meno renderla visibile ma un software che riuscirà a capire l’immagine.
Alla Silicon Valley tutto è possibile, ma diciamo che il mio suggerimento era molto più semplice. Dopo il meeting, siamo andati dal luogo dell’incontro al desk dove lavora Mark, che è un edificio poco lontano, che si chiama Building 20 ed è un nuovo edificio modernissimo, progettato da un famoso architetto. Nel tetto ha un parco vero e proprio. Si può vedere con Google Earth, ma bisogna fare attenzione perchè si confonde con il territorio circostante.
Devo dire che dopo l’incontro ho cercato di leggere un po’ di storia di Facebook ed ho anche visto il film ‘The Social Network’ che non avevo mai visto. L’idea che mi sono fatto, come spesso accade anche in altre aziende di successo, è che Mark Zuckerberg si è trovato al posto giusto al momento giusto e con le conoscenze informatiche giuste. E’ innegabile che sia stato anche molto fortunato in questa avventura. C’è però un aspetto in tutta la storia di Facebook, che fa di Mark una persona fuori dal comune: nel 2006, quando Yahoo offrì 1 miliardo di dollari per comperare Facebook, lui non accettò. Io sfido chiunque, all’età di 22 anni, a rifiutare un offerta da 1 miliardo di dollari, di cui più della metà sarebbero stati tutti suoi.
Per questo episodio ma anche per come Mark sta gestendo la società come CEO, direi che è non solo un leader visionario, ma anche un ottimo manager. Io credo che sarà un altro di quei nomi che entreranno nella leggenda, anzi, forse già lo è, come Steve Jobs, Bill Gates, etc”.
Che impressione ti ha fatto il campus di Facebook?
“Diciamo che se dovessi rinascere, cercherei di fare studi che mi permettano di cercare un lavoro a Facebook o comunque nella Silicon Valley. Il campus è stupendo. Sembra davvero un college, pieno di studenti. Ovviamente i dipendenti in generale sono molto più giovani di me, quindi mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Detto questo, una persona che lavora a Facebook ha tutto ciò che un dipendente può desiderare: cibo gratis in qualsiasi quantità, dalla colazione al pranzo e alla cena. Medico e dentista gratis nel campus, palestre di tutti i tipi, sala giochi, music room. Tavoli da ping pong, e biliardino, come se piovesse. C’è addirittura un ciclista che ripara le bici, tutto gratis (si pagano solo i pezzi che si cambiano). Parrucchiere, barbiere senza neanche chiederlo. Ci sono poi sparsi per il campus dei casottini, dove se uno legge un libro interessante, lo lascia in questi luoghi così altri colleghi lo possono leggere, e ne può prendere un altro. L’orario d’ufficio non esiste. I dipendenti vanno e vengono a qualsiasi ora. Ma la persona con cui facevo il tour, mi ha detto che in genere, per le 10 di mattina, sono tutti al loro posto. All’interno di Facebook c’è una cultura molto trasparente e ogni dipendente a cui viene un’idea può parlarne con qualsiasi persona e volendo anche con Zuckerberg, che ha un desk come tutti gli altri, senza nessun muro che lo separi dal resto dei dipendenti nel Building 20”.
Hai nessuna curiosità da raccontarci?
“Sì. Quando Facebook mi ha confermato la partecipazione all’incontro con Mark, mi hanno fatto firmare un NDA (Non Disclosure Agreement), che è un contratto nel quale io mi impegnavo a non pubblicare nessuna notizia inerente all’incontro con Mark, fino a dopo l’incontro stesso. E la cosa mi ha fatto un po’ ridere, perchè Facebook è pensato per pubblicare di tutto e di più, ma invece mi obbligava a non pubblicare niente. Credo che la cosa fosse per motivi di sicurezza quindi l’ho firmata senza tanti problemi.
L’altra è che siccome sono arrivato a San Francisco il giorno prima, la persona di Facebook che mi ha prenotato il viaggio, mi ha detto che per il mangiare mi rimborsavano ‘solo’ $200 al giorno. Beh, direi che non mi hanno fatto di certo morire di fame”.