

Roma – Donald Trump ha rimesso mano al suo giocattolo preferito: i dazi. Mentre faceva incriminare l’ex capo dell’FBI ha annunciato una nuova raffica di tariffe punitive che colpiscono questa volta i farmaci (100%), i camion (25%), ma anche i mobili e l’arredamento per la casa (tra il 30% e il 50%). Il tutto in vigore dal 1° ottobre, senza preavviso e con il solito slogan buon un po’ per tutto: questione di “sicurezza nazionale”.
La misura più importante riguarda i medicinali. Nel 2024 gli USA hanno importato farmaci per 233 miliardi di dollari: raddoppiarne i prezzi significa costi fuori controllo per Medicare e Medicaid e ospedali in affanno. Le aziende farmaceutiche sono in allarme. “Moriranno persone”, ha detto senza giri di parole 314 Action.
Trump, che ad agosto aveva promesso un avvio graduale con “piccoli dazi”, ha cambiato marcia da un giorno all’altro come suo solito. Su Truth ha precisato che i nuovi balzelli non si applicheranno alle aziende che costruiscono stabilimenti negli USA: un incentivo a spostare la produzione in casa, ma con regole vaghe e tutte da chiarire. Intanto colossi come AstraZeneca, Novartis e Johnson & Johnson avevano già iniziato a muoversi. I mercati hanno reagito come prevedibile: Wall Street in caduta e Asia al seguito. Persino la Fed si dice preoccupata: secondo Jerome Powell, i prezzi dei beni importati stanno già gonfiando l’inflazione.
Sul fronte industriale, i dazi sui camion puntano a proteggere marchi americani come Peterbilt e Freightliner, ma rischiano di colpire Stellantis (Ram, Chrysler) e Volvo, che producono in Messico. Proprio il Messico è il primo esportatore verso gli USA: ogni trattore stradale che attraversa il confine ha in media metà dei componenti “made in USA”. In pratica, Trump rischia di tassare anche l’industria americana. I principali fornitori degli USA sono partner fidati – Canada, Messico, Giappone, Germania, Finlandia – non esattamente minacce alla sicurezza nazionale.