Fano (PU) – La loro lettera aperta inviata al presidente del consiglio e ai ministri in poco tempo è diventata virale sul web. Loro sono Elena e Maria Chiara Paolini, due sorelle di Senigallia, disabili, stanche dell’indifferenza delle istituzioni e vogliose di far sentire la loro voce. Per questo hanno organizzato #liberidifare, un tour di mobilitazione per sensibilizzare sul diritto all’assistenza per le persone disabili.
Il movimento fondato da Elena e Maria Chiara sarà a Fano (e in contemporanea in tante altre città italiane)venerdì 3 novembre dalle 15.00 alle 16.00 al Piazzale della Stazione; sabato 4 novembre dalle 15.00 alle 16.00 a Porta Maggiore – Zona Pincio; domenica 5 novembre dalle 15.00 alle 16.00 in Piazza XX Settembre.Di seguito un estratto della lettera inviata agli inquilini di Palazzo Chigi: “Siamo disabili. Più precisamente, da sole, non riusciamo a fare quelle cose che la gente di solito fa se vuole restare viva. Quindi mangiamo, ci laviamo, puliamo casa e abbiamo una vita sociale innanzitutto grazie a delle assistenti personali. Le nostre assistenti agiscono al posto delle nostre gambe e braccia (…). Le paghiamo grazie a due cose: i fondi ridicoli che lo Stato ci dà e gli enormi sforzi economici della nostra famiglia. Ma questi soldi finiranno presto, e allora dovremo limitare seriamente la nostra vita, e indipendenza, e felicità. La nostra libertà ha una data di scadenza”.
“È molto semplice. Senza assistenti, non potremo più uscire liberamente. Magari perché non avremo qualcuno che guidi la nostra macchina per andare dagli amici. O magari non potremo fare la doccia quando vogliamo. O non avremo nessuno che cucini al posto nostro. Farsi un toast, arrivare a uno scaffale alto, scostare le coperte e scendere dal letto, fare la doccia, mettere il reggiseno, caricare il cellulare, depilarsi. Sono funzioni basilari, eppure c’è una categoria di cittadini che per soddisfarle deve tirare fuori i soldi e pagare, oppure rinunciare”.
“Sì, perché i contributi statali attuali, di entità diversa di regione in regione, sono niente più che un’elemosina, una presa per i fondelli neanche tanto sottile (…) Eppure paghiamo le tasse, e ci aspettiamo che ci tornino”. I fondi che ogni tanto vi vantate di stanziare per i disabili in realtà vengono destinati in gran parte alle case di cura, perché dietro alla case di cura – diciamolo ad alta voce – ci sono lucrosi interessi. È lì che va chi non ha parenti, partner o amici che possano lasciare il loro lavoro per assisterlo. Ma cosa succede in una struttura residenziale per disabili? Immaginate di non poter uscire, non poter vivere con chi vi pare, non poter compiere scelte e non avere libertà di movimento. Che tutto questo sia legale, solo perché sei disabile. Che tutto questo sia sconosciuto e sotterraneo, perché i reporter là dentro non ci arrivano (…)”.
“Lo Stato ha il dovere di intervenire: proteggere le persone più vulnerabili e oppresse è proprio la sua funzione primaria. Andate a ripassarvi la Costituzione, la Carta dei diritti ONU del 2009, e le leggi specifiche. Poi applicatele. È imbarazzante, sembrate un bambino che non ascolta la maestra e poi si fa male o sporca dappertutto, e piange. Adesso però non frignate, potete ancora pulire questo gran casino. Abbiamo bisogno di assistenza ora, per vivere le nostre vite adesso. Al momento ce la caviamo alla meno peggio e perdiamo opportunità, facendo con quel che c’è e rimanendo schiacciati: molti di noi stanno in pratica morendo, sprecando la vita. Spesso non possiamo neanche fare una cosa normale come cercare lavoro, perché semplicemente non possiamo permetterci una persona che ci vesta tutte le mattine, e lo spiegate voi al mio capo che non dispongo pienamente del mio tempo?”
“(…) Abbiamo una lunga lista di ambizioni e aspirazioni, e nessuna intenzione di lasciar perdere. Siamo stanchi di sacrifici, fondi insufficienti e in ritardo, continue attese, contentini temporanei e rimbalzi di responsabilità. La clessidra della nostra sopportazione sta finendo, e siamo pronti a scendere in piazza se non vediamo risposte concrete. Vogliamo che venga dato a ciascuno secondo il proprio bisogno di assistenza. Sappiamo che quando volete vi muovete veloci, quindi aspettiamo azioni, e in fretta. Siamo qui, e non ce ne andiamo”.