Fano (PU) – Nell’ottobre dello scorso anno gli avevano rubato un furgone del valore di 30.000 euro. Dopo un po’ di tempo la chiamata per chiedere un riscatto: “Se rivuoi il tuo mezzo ci devi dare 3.000 euro”. In gergo si chiama “Cavallo di ritorno”, un’estorsione, che prevede il pagamento di un riscatto da parte di chi ha subito un furto. L’imprenditore della ditta di Fossombrone dove il furgone era stato derubato però, invece di pagare come fanno tanti altri, visto che i carabinieri hanno raccontato che questa pratica è molto in voga nel mondo del crimine, ha deciso di rivolgersi ai militari dell’Arma per denunciare quanto gli stava accadendo.
Così, i carabinieri di Fossombrone, insieme ai colleghi della Compagnia di Fano, si sono messi sulle tracce degli autori del furto e dopo una serrata indagine sono riusciti ad individuarli e ad arrestarli. In manette sono finiti Armando Diana di 50 anni e suo figlio Adriano di 20, entrambi residenti a Caserta, con l’amara scoperta che il primo lavorava nella ditta a cui aveva poi rubato il furgone. Diana era il dipendente che in sostanza aveva in custodia il furgone e che un giorno disse che era stato rubato.
Quando l’imprenditore ricevette le telefonate per estorcergli il denaro, gli venne chiesto di avvalersi di un intermediario di fiducia, possibilmente un dipendente con origini casertane e di organizzare lo scambio nel paese nativo del dipendente. Insomma, Diana aveva pianificato il tutto per fare in modo di ottenere i soldi con maggiore facilità. Purtroppo per lui, e per il figlio, i carabinieri sono riusciti a scoprire l’estorsione e ad arrestarli. Il 50enne si trova ai domiciliari, il figlio ha l’obbligo di firma.