Fano (PU) – “Ero sdraiato a pancia in giù. Avevo gente sopra, sotto, di fianco. Non riuscivo a muovermi e attorno a me sentivo grida disperate, gente che ansimava e piangeva. Ad un tratto ho avuto la sensazione che fosse giunta la mia ora e l’unica cosa che sono riuscito a pensare è stata: ‘è finita’. Mi sento molto fortunato ad essere qui oggi a raccontare quello che è successo”.
Non usa mai il termine “miracolato” Luca (il nome è di fantasia), uno dei tantissimi ragazzi fanesi che lo scorso 7 dicembre si è trovato nell’inferno della Lanterna Azzurra a Corinaldo, ma dalle parole che riesce a pronunciare dal letto del reparto di cardiologia del Santa Croce, la sensazione è che se non è un miracolo quello che gli è accaduto, poco ci manca. Luca, insieme ad un ragazzo che segue (lavora per una cooperativa che si occupa di assistenza a ragazzi disabili) era in attesa come altre centinaia, forse migliaia di ragazzi, che arrivasse Sfera Ebbasta e per assistere meglio alla sua performance si era guadagnato una posizione un po’ più rialzata: “Siamo arrivati poco dopo mezzanotte – racconta Luca – e l’idea era quella di assistere al dj set e tornare a casa. All’improvviso, sarà stata la mezza, Matteo (il ragazzo seguito da Luca, anche questo un nome di fantasia) mi ha fatto notare che tutta la gente stava andando verso l’uscita e contestualmente abbiamo iniziato a sentire un odore acre. Quasi immediatamente ho avuto la percezione che stessi soffocando così ho preso Matteo e ci siamo recati verso l’uscita. Nel locale c’era tanta gente ma si camminava comunque bene per cui siamo arrivati alla porta facilmente. A quel punto ho pensato che fosse tutto risolto invece lì è scoppiato l’inferno. In un attimo sono finito in mezzo alla calca e sono scivolato perdendo di vista Matteo. Ho iniziato a rotolare sopra altri ragazzi e sono finito nel fossato dalla parte opposta rispetto a quello dove è crollata la ringhiera”.
Gli attimi subito dopo la caduta sono drammatici e nel raccontarlo Luca trattiene a stento l’emozione: “Provavo a farmi spazio ma ero paralizzato, poi all’improvviso ho perso ogni speranza di sopravvivere e sono svenuto”. Per quanto tempo Luca sia stato privo di sensi forse non lo saprà mai, quel che è certo è che una volta riaperti gli occhi era lontano dalla massa e davanti aveva un ragazzino che lo schiaffeggiava per farlo riprendere. “Il mio primo pensiero è stato per Matteo – racconta Luca – e quando l’ho visto accanto a me in buone condizioni sono corso ad abbracciarlo anche se la gente che avevo attorno mi urlava di stare fermo perché ero completamente viola e avevo gli occhi fuori dalle orbite. Una volta appurato che non era stato un incubo ma che era tutto vero mi sono guardato intorno: sembrava una guerra. Lenzuola bianche, barelle, urla disperate. Scene che difficilmente potrò scordarmi”.
Hai avuto la percezione che ci fosse più gente di quella che il locale potesse contenere? “Sicuramente la gente era tanta – spiega Luca con molta lucidità – ma altrettanta era nel parcheggio. Se il fatto fosse successo mezz’ora dopo sarebbe andata anche peggio probabilmente”. Luca nell’incidente ha subito una contusione al muscolo del cuore dovuta allo schiacciamento, ha un versamento nel timpano e uno al naso e proprio oggi ha saputo di aver avuto un principio d’infarto e questo gli impedirà di fare sport per parecchio tempo. Nonostante questo bollettino e il brutto spavento, non ha perso però la lucidità e il suo ultimo pensiero, oltre che per le vittime, è per tutti i superstiti: “Centinaia di ragazzini si sono improvvisati infermieri e sono diventati adulti all’improvviso nel peggiore dei modi mentre erano in quel posto solo per assistere ad un concerto”.
di Matteo Delvecchio