Fano (PU) – Annullate le fiere di Fano, Senigallia e Pesaro causa aumento contagi. Se l’opinione pubblica ha accolto favorevolmente le ordinanze dei sindaci non si può dire altrettanto degli ambulanti che si trovano all’improvviso privati di incassi e con merce acquistata che rimarrà invenduta.
Ecco spiegata la lettera che l’Associazione Fieristi Italiani ha inviato ai sindaci: “Siamo senza parole, delusi, arrabbiatissimi. Pensavamo di trovarci nella fase della ripartenza, ma invece no. L’estate che scorre tranquilla e serena nelle vostre città ci aveva erroneamente indotto a pensare ciò: spiagge affollate, passeggiate gremite, locali pieni di gente, eventi organizzati. Meno male avevamo anche pensato. Poi gli annullamenti, inaspettati e nel frattempo la merce comprata per fare fronte alle vostre fiere previste. Avete impiegato mesi a decidere e dopo poche settimane il dietrofront”.
La critica è alla decisione presa, a loro dire, tardivamente: “Fano – continua la missiva – il 5 agosto ha deliberato la fiera e il 19 l’ha annullata. Nel frattempo, in questi quindici giorni, + 160 contagi in tutta la Regione Marche escludendo il numero dei guariti. Eppure pensavamo di trovarci oltre che nella fase di ripartenza anche nella fase di convivenza con il virus. Ingenuamente pensavamo che le Linee Guida elaborate da Governo e Regioni e dalle loro Task Force, profumatamente pagate, fossero adeguate per la ripartenza delle attività e invece sono mesi che scopriamo quanto siano inapplicabili”.
“Eh sì, e qui ci rivolgiamo a Governatori di Regione e al Presidente del
Consiglio, vi informiamo che i sindaci non ci fanno lavorare poiché non
consentono il regolare svolgimento delle Fiere su area pubblica. Vi informiamo
che I fieristi sono ancora in lockdown, benchè le nostre attività commerciali
siano consentite per DPCM e Ordinanze Regionali. Vi informiamo che ad oggi,
dopo quasi 6 mesi di fermo, non sappiamo ancora quando effettivamente ricominceremo
a lavorare, ma a settembre ripartiranno le scuole e noi abbiamo già
annullamenti per i mesi di settembre, ottobre e novembre.
Il fatto di aprire un banco all’aperto, su una strada, non
ci rende lavoratori e commercianti di serie B poiché, se non lo sapete, i contributi
previdenziali e fiscali a cui siamo soggetti sono i medesimi di un qualunque
esercente. Nonostante ciò non esiste rispetto per la nostra categoria. A questo
punto ringraziamo nuovamente quelle poche amministrazioni che con impegno hanno
saputo garantire il nostro diritto al lavoro e salvaguardato il diritto
d’impresa, compreso che esso può essere compatibile con la salvaguardia della
salute pubblica che resta ovviamente di fondamentale importanza. Siamo allo
stremo e siamo arrabbiati”.