Fano (PU) – Una sala gremita si è alzata in piedi commossa e ha applaudito alle parole pacate, ma cariche di sentimento, pronunciate da Matteo Piccini, esule dell’isola di Lussino che ha raccontato la fuga della sua famiglia costretta a scappare dal regime di Tito.
Un intervento toccante pronunciato alla presentazione del libro “Per ricordare un giorno non basta. L’esodo giuliano-dalmata nelle Marche”, curato dal Consigliere Regionale Mirco Carloni, che fa parte della collana dei Quaderni del Consiglio. L’evento, organizzato dall’associazione culturale fanese Ex Concordia Felicitas, rientrava nelle iniziative istituzionali del Giorno del Ricordo, avendo ottenuto proprio il patrocinio dell’Assemblea Legislativa delle Marche.
Piccini ha ripercorso le vicissitudini della sua famiglia, a cominciare dall’esilio del padre, costretto a scappare da solo senza la propria moglie e i due figli Matteo e Giuliano, unito al dramma del viaggio, al dolore della lontananza di 3 anni e mezzo vissuti coltivando solo la speranza di un abbraccio con il padre. Infine il ricongiungimento e l’abbraccio familiare ad Ancona, dove tuttora vivono Matteo, Giuliano e la loro madre di quasi 100 anni. Il racconto “Radici strappate” di Piccini costituisce uno dei capitoli più significativi e toccanti del libro di Carloni.
“Il ricordo individuale deve diventare memoria cognitiva e sociale”. Con queste parole Mirco Carloni ha sintetizzato le ragioni che lo hanno spinto a scrivere e curare un libro che si caratterizza soprattutto per le testimonianze di coloro che hanno vissuto il dramma e le angosce di quegli anni. “Un giorno non basta – ha detto Carloni – per ricordare un dramma del dopoguerra per troppi anni dimenticato, raccontato sottovoce e talvolta negato dalla storia. Il dramma ed il dolore provato dagli esuli giuliano-dalmati costretti a lasciare la propria casa, le proprie radici, obbligati a dover ricominciare una nuova vita, rappresentato una tragedia senza precedenti. Questo libro ha l’intento di custodire le preziose testimonianze di coloro che, senza coltivare sentimenti di vedetta, hanno vissuto sulla propria pelle la vergogna delle foibe prima e dell’esilio poi. Questo libro nasce con la speranza di trasformare un ricordo privato e personale in un fatto collettivo e sociale”.
Il partecipato incontro ha vissuto anche un bel fuoriprogramma durate il quale Giuliana Paola Budinis, seduta i prima fila, ha ripercorso la storia della sua fuga da Lussino nel ’45 su una barca a remi, e ha raccontato la paura di quei momenti.